lunedì 17 ottobre 2011

Al compás del corazón

6 giorni...6 miseri giorni oppure 6 lunghi giorni, l'aggettivo qualificativo dipende dall'umore del momento.
Oggi umore medio, quindi sono solo 6 giorni. Senza nessuna qualificazione.
Da quando sono tornata in città dopo un fine settimana en el medio de la nada a Entre Rios, con la solita molestia di dover riadattarmi ai ritmi metropolitani, qualcosa è cambiato.
Ho lo stomaco chiuso, per la prima volta dal mio arrivo. Mangio e bevo pochissimo. In compenso fumo più sigarette di quelle che fumo solitamente, se è possibile. E ascolto ancora più tango di quello che ascolto solitamente, sempre se è possibile.
Ha ragione chi dice che "Buenos Aire es una enfermedad que al paciente le gusta"...
Il problema, se così si può chiamare, è che non appena provi sentimenti di odio, disillusione, rigetto nei confronti del Porto, questo torna immediatamente a farsi amare. Torna ad illuderti, torna a atraparte .
E' come se questa città ti leggesse nel pensiero e sapesse sempre quello di cui hai bisogno. Qualsiasi cosa di cui tu senta la mancanza, è pronta ad offrirtelo...generalmente sempre nel momento di maggiore disperazione, come in un sottile gioco perverso.
E' un po' una puttana, diciamocelo. E' come se godesse a portare le persone sull'orlo del baratro per poi, all'ultimo momento, salvarle...del resto l'avevo intuito già dalla prima volta che il suo fascino stava proprio nel non avere mezze misure.
Difatti puoi amarla o odiarla, ma certo non puoi restarle indifferente.
Nel mio caso, la amo e la odio a momenti/giorni/periodi alterni.
In questi giorni la amo...forse come mai l'avevo amata fin ora...sarà per questo che ho lo stomaco chiuso.
E sarà per questo che negli ultimi famosi 6 giorni, sempre nei momenti meno opportuni, mi prende questa voglia irrefrenabile di camminare...macinando km su km, consumando i marciapiedi con i piedi e tutto il resto con la vista.
E' come se avessi la necessità di interiorizzare il più possibile questa bendita/maldita ciudad, di farla definitivamente mia...ed infatti mai come ora sento di appartenere a lei in maniera assoluta.
Mi sono nuovamente innamorata di questa città, i sintomi ci sono tutti...ma è un amore molto più profondo di quello che ho provato fino ad ora...è "quell'amore che non muore mai, più lontano degli Dei" che " a sapervelo spiegare, che filosofo sarei"...
Tutto ciò proprio nel momento di maggior desesperacion, proprio quando stavo cominciando a pensare di abbandonarla...poi ditemi che non è un po' puttana...e proprio per essere così puttana, già so che si ribellerà a questo momento d'amore incondizionato, allontanandomi per poi tornare a prendermi...e così via...del resto, c'est la vie!

domenica 9 ottobre 2011

Buenos Aires, la nuit

Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao...No ves que va la luna rodando por Callao; que un corso de astronautas y niños, con un vals, me baila alrededor... ¡Bailá! ¡Vení! ¡Volá!

Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao...Yo miro a Buenos Aires del nido de un gorrión;y a vos te vi tan triste... ¡Vení! ¡Volá! ¡Sentí!...el loco berretín que tengo para vos:

(Balada para un loco -Horacio Ferrer-)























sabato 1 ottobre 2011

No necesito las luces ni los lujos de la ciudad...


Il sasso è stato lanciato,
ora si tratta di non nascondere la mano...
Data fatidica dei 6 mesi superata. Semi crisi, come tutti i miei connazionali espatriati mi hanno puntualmente predetto. Non sento affatto la mancanza della Patria. Più, ovviamente, quella degli affetti. E' che ogni volta che si raggiunge un "traguardo", ci si pongono inevitabilmente un mare di domande...
Non ho scritto per tre mesi, perché troppo impegnata a destreggiarmi nella quotidianità porteña, fatta di tanto lavoro ed extra lavoro...la verità è che negli ultimi mesi, le incombenze quotidiane e i ritmi della città mi avevano fatto perdere tanta lucidità mentale. Come dice qualcuno "la testa è così piena che non pensi più"...e, detto per inciso, non avevo proprio voglia di annoiarvi con le mie riflessioni senza capo né coda. Fatto sta che, quasi impulsivamente, un bel giorno di luglio ho deciso di lasciare il mio lavoro al ristorante e...partire.
Sto cominciando a pensare che questo mio modo di risolvere i periodi critici, sia quasi una malattia cronica...
Però avevo proprio bisogno di "ricaricarmi le pile" e così, ad un anno esatto dall'inizio della mia nuova vita, sono partita per il nord dell'Argentina. Sola. Con la compagnia di un quaderno e una macchina fotografica e...come avevo ampiamente previsto, il solo fatto di lasciare la metropoli alle spalle ed entrare negli orizzonti infiniti americani, mi ha liberato la mente dal rumore di fondo che in città c'è sempre...un rumore reale, ma anche metaforico...
Ruta 40
Nel mio ultimo post all'inizio di luglio, avevo parlato dell'eterno dilemma campagna/città che mi affligge...bene, credo di essere arrivata alla conclusione che propendo per la prima. Vivendo in città non ci si accorge di quanto il rapporto con la natura sia fondamentale...ma quando ti trovi a "respirare brezze che dilagano su terre senza limiti e confini", torni a percepire quel legame che troppo spesso viene sottovalutato: quello con il mondo, inteso come terra (madre terra o pachamama, più pertinente data la posizione geografica). E quindi con il genere umano.
Sono giunta, mio malgrado, alla conclusione che in città un certo tipo di armonia è impossibile da coltivare: troppo rumore, appunto...troppe distrazioni...che portano ad avere relazioni umane superficiali, occasionali, di convenienza.
Piccoli artisti crescono...
Ho conosciuto persone bellissime in queste tre settimane. Persone pure...per pure intendo essenziali, persone che si propongono al mondo attraverso la propria essenza e niente più. Che appunto, come recita il titolo del post "non hanno bisogno delle luci e dei lussi della città". Vagamente idealiste, ovvio. Ma che male c'è? Ce ne fossero di persone così...il mondo sarebbe certamente un luogo migliore.
Fatto sta che ritornare a Buenos Aires dopo queste tre settimane a stretto contatto con la natura e l'essenza delle cose/persone che ho incontrato, mi ha lievemente destabilizzato. Soprattutto sto cercando di rispondere alla seguente domanda: ma se mi trovo così bene in mezzo alla natura, perché ca**o sto vivendo in una delle metropoli più grandi del mondo?!
La risposta non l'ho ovviamente ancora trovata ma, come mi ha detto qualcuno durante il viaggio, "a tutto c'è un perché e c'è un tempo per ogni cosa...probabilmente con il tempo capirai che l'esperienza che stai facendo era un passo fondamentale per arrivare al tuo 'posto nel mondo', vedrai..."
Se vi state chiedendo cosa farò, se tornerò o starò qui, se vivrò in città o in un posto sperduto in mezzo alla natura...rispondo, vedremo...ovviamente non lo so ancora, tanto per non smentirmi...ogni cosa a suo tempo. "El negocio es ser feliz", simplemente.